NEPAL
Settore occidentale, ad ovest di Kathmandu
Trekking da Pokhara a Muktinath (II)
Il trekking in cifre
Partenza: Pokhara m 902 slm Arrivo: Muktinah m 3.792 slm
Lunghezza: km 84
Dislivello positivo: m 5.700 Dislivello negativo: m 2.800
Ore totali di marcia: 29 Giorni impiegati: 4
Prima tappa: da Pokhara a Tirkhedunga
Pokhara si raggiunge da Kathmandu in bus, con un viaggio avventuroso di alcune ore; esiste anche un collegamento aereo. La cittadina merita una visita nella sua parte vecchia, con il mercato tibetano, e lungo le rive del lago Phewa Tal.
Da Pokhara (m 902 slm) si costeggia il corso del Seti Khola fino ai villaggi di Tallo Hyenia, ove si trova una comunità tibetana, e di Uppalo Hyenia, proseguendo poi lungo la vallata per superare le case di Suikhet.
Il sentiero sale ripido su per una collinetta ricoperta da una fitta vegetazione fino al crinale che separa lo Yangdi Khola dall'Harpan Khola; qui si trova un poggio con splendida vista sul lago Pewa Tal, ma anche e soprattutto si gode il maestoso panorama delle vette dell'Annapurna e del Macchapucchare, quest'ultimo con la caratteristica cima a coda di pesce.
Ancora un breve cammino e si raggiunge il villaggio di Naudanda (m 1.463 slm).
Da Naudanda si rimane sullo spartiacque, intersecando a tratti la polverosa strada in costruzione che non solo altera l'ambiente ma sconvolge anche l'antica rete di sentieri.
Raggiunto l'abitato di Chandrakot (m 1.567 slm), a picco sul Modi Khola, si scende lungo un impervio sentiero che arriva a Birethanti (m 1.037 slm), un villaggio ben curato con le strade lastricate in pietra; qui si trovano negozi e lodge.
Da Birethanti si risale il corso del Bhurungdi Khola passando accanto ad alcune bhattis, punti di sosta per le carovane. L'ambiente diviene ora aspro e roccioso finchè, superati i villaggi di Suhami e di Hille, si arriva a Tirkhedunga (m 1.498 slm).
Qui le lodge portano colorate insegne con i nomi dei battaglioni Gurkha dell'esercito inglese in cui i fieri abitanti di etnia Magar hanno militato.
Seconda tappa: da Tirkhedunga a Tatopani
Si esce dall'abitato attraversando un ponte per attaccare poi una ripida scalinata (pare siano ben 3.767 gradini) che arriva al villaggio di Ulleri (m 2.073 slm): le case sembrano letteralmente aggrappate al pendio, tanto che finalmente si avverte la sensazione di essere in Nepal, quel Nepal fatto di case in pietra e fango, di sentieri disagevoli, di valli profonde e di cime altissime.
Le carovane di mercanti procedono lentamente, con gli animali carichi e i piccoli ma robustissimi portatori che camminano a piedi nudi, abituati fin da piccoli a sospendere il peso alla fronte per mezzo di una cinghia in cuoio, aiutati da un lungo bastone nel superare passaggi difficili e quando devono fermarsi o ripartire.
La mulattiera continua a salire attraverso una ricca vegetazione fino alle case di Nayathanti e poi ancora in salita per arrivare al villaggio di Ghorapani (m 2.853 slm), in nepalese acqua per i cavalli. Poco sopra l'abitato, a circa 3.200 metri di quota, si trova la collina di Pun Hill (o Poon Hill), punto panoramico sull'Annapurna, il Dhaulagiri, il Macchapucchare, il Nilgiri, il Tukche, l'Himalchuli.
Superato il Ghorapani Deorali o Passo di Ghorapani il sentiero scende verso la valle del Kali Gandaki o fiume nero, incontrando alcuni piccoli villaggi: Chitre, Sikha e Gare (m 1.786 slm).
Raggiunta una selletta si perde rapidamente quota fino ad attraversare un ponte sul Ghar Khola per arrivare a Tatopani (m 1.189 slm), acqua calda in lingua nepali, dominato dal Nilgiri.
In effetti nei pressi si trovano delle sorgenti termali di acque sulfuree.
Terza tappa: da Tatopani a Tukche
Si riprende il cammino lungo il fiume che scorre in uno stretto canalone, superando la confluenza con il Miristi Khola, alimentato dai ghiacciai del lago Tilicho e dell'Annapurna, in lingua nepali portatore di cibo.
Raggiunto e superato il villaggio di Dana m 1.463 slm) si arriva a Titre, in prossimità delle cascate formate dal Rupse Chhara, le cui acque forniscono l'energia per muovere i mulini.
Attraversato il Kali Gandaki su un precario ponte sospeso si procede lungo un saliscendi che si tiene alto sul fiume, in un ambiente roccioso e selvaggio; riattraversato il fiume si entra nel villaggio di Ghasa (m 2.012 slm), primo insediamneto Thakali che si incontra lungo il trekking. A questo punto si è all'interno del distretto del Mustang, i cui abitanti presentano caratteri morfologici più spiccatamente mongolici. Diviene anche più frequente l'incontro con le carovane che arrivano dalle valli del Tibet.
Il sentiero sale ora attraverso i boschi che ricoprono il fianco di un canalone, regalando una magnifica vista sui ghiacciai del Dhaulagiri; attraversato un lungo ponte sospeso si è al piccolo agglomerato di Lete, da cui ci si alza fino ad un terrazzamento sul quale sorge l'abitato di Kalopani (m 2.560 slm).
Il trekking continua a risalire il corso del Kali Gandaki, che nella sua parte settentrionale prende il nome di Thak Khola, da cui deriva il nome Thakali dato agli abitanti della regione.
Passati sulla riva orientale si esce sul letto del fiume, percorribile durante la stagione secca invernale. Un sistema di passerelle permette di superare i meandri che comunque si formano, quindi, tornati sulla riva occidentale, si entra nel villaggio di Tukche (m 2.592 slm). Il suo nome deriva da tuk (grano) e da che (terrazza).
Il villaggio è punto di scambio per i mercanti che arrivano rispettivamente dal Tibet e dalle pianure meridionali: qui si trova anche una dogana, gestita dai Thakali Subbha.
Evidente la presenza di arte religiosa buddista: ruote di preghiera e muri mani. Nel centro dell'abitato si trova anche il monastero di Mahakali Gompa.
Il locale microclima si manifesta con il forte vento che in tarda mattinata risale la valle (lo ricordo infatti sempre contrario sulla via del ritorno).
Quarta tappa: da Tukche a Muktinath
Oltre Tukche il sentiero corre pressoché in piano attraverso una zona arida fino al villaggio di Marpha (m 2.668 slm), che si distingue per alcune particolarità.
L'abitato presenta uno sviluppo urbanistico non solo parallelo alla strada principale ma anche perpendicolare, con una rete di strade secondarie. Inoltre, sotto il lastricato della strada esiste un sistema di drenaggio delle acque piovane e ancora le case sono costruite con sassi bianchi, con le finestre in legno intagliato e i tetti piatti terrazzati per l'essiccazione delle granaglie.
Caso se non raro almeno infrequente, le case e i negozi sono illuminati grazie all'energia elettrica fornita da un generatore.
Il trekking tocca ora alcuni minuscoli agglomerati, poche case isolate perse nella vallata, per arrivare poi a Jomoson (m 2.743 slm), in tibetano Dzongsam o nuovo forte.
Si tratta di un centro importante, non solo per l'esistenza di un aeroporto. Qui si trovano negozi e lodge ed anche una banca, alla quale non è possibile accedere con lo zaino, che infatti viene lasciato fuori dalla porta. Il servizio di guardia è assicurato da un corpulento nepalese armato di un lungo e minaccioso fucile. All'interno regna una confusione assoluta, ma le operazioni di cambio seguono comunque una accurata procedura burocratica che prevede anche la verifica del trekking permit.
Oltre Jomoson si segue alla meglio il corso del fiume risalendo una valle di origine glaciale ed orientandosi con vaghi e lontani punti di riferimento: muretti di pietre, tracce di sentiero, piccole carovane che si distinguono in lontananza.
L'arrivo al villaggio di Kagbeni (m 2.810 slm) segna una svolta: all'epoca (anno 1990) si trattava dell'insediamneto più settentrionale accessibile agli stranieri; il locale posto di polizia impediva infatti di proseguire verso Lo Montang, famosa città/fortezza del Mustang.
Kagbeni, kak = blocco e ben = unione, si trova in effetti alla confluenza di due fiumi, il Thak Khola e lo Jhong Khola, luogo ritenuto particolarmente sacro; la sua importanza strategica deriva dal fatto di trovarsi all'incrocio di quattro vie commerciali provenienti da diverse direzioni.
Il cammino del trekking piega quindi a destra per risalire il canalone ove scorre lo Jhong Khola, serpeggiando tra ripidi pendii e brevi tratti pianeggianti.
L'ambiente si presenta, nella stagione secca, quanto mai desolato mentre anche la quota comincia a far sentire i suoi effetti, malgrado l'acclimatamento abbia ormai raggiunto un buon livello.
Superati i piccoli villaggi di Khingar e di Pharkot si raggiunge Muktinath (m 3.792 slm), luogo sacro per gli induisti. Qui si trova il santuario di Juwala Mapa Muktinath o Tempio del Fuoco Miracoloso, frequentato anche dai buddisti.
Oltre Muktinah verso il passo di Thorong La
e ...
Da Muktinah avevo intenzione di raggiungere il Thorong La e scendere lungo la valle del Marsyangdi Khola per raggiungere la località di Manang e tentare di chiudere il trek con un ambizioso anello. Forse troppo ambizioso per allora.
In effetti la valle era stata aperta al turismo da pochi anni e le informazioni in mio possesso erano scarne e affatto rassicuranti.
Occorre considerare che viaggiavo in inverno, a cavallo tra gennaio e febbraio, da solo lungo sentieri battuti unicamente dai pochi locali.
Comunque, partito di buon mattino dalla lodge ho cominciato a salire facendo una considerazione tanto banale quanto realistica: quelle collinette che facevano da contorno al sentiero erano tutte cime ben oltre i seimila metri di altezza. Sì, però ero in Nepal.
Raggiunta la quota di 4.800 metri il pensiero è andato al monte Bianco: ero in cima!
La differenza era che di ghiaccio intorno neppure l'ombra.
Ma neve sì. Poco più in alto, attorno ai 5.100 metri, ha cominciato a nevicare.
Disdetta! Decisione da prendere e alla svelta.
L'insegnamento che ho tratto dalle uscite sulle nostre Alpi è venuto in mio soccorso: saper rinunciare. E senza rimpianti, con la convinzione di aver fatto la scelta giusta.
Rapido dietrofront e discesa veloce lungo un sentiero che già cominciava a non essere più così evidente.
... e
Questa la storia di allora.
Oggi, marzo 2023, aggiorno questa pagina mentre sto preparando lo zaino per tornare in Nepal e riprendere il cammino interrotto trentatrè anni prima.